Spese condominiali straordinarie: il pagamento compete a chi era proprietario dell’unità immobiliare
Spese condominiali straordinarie: il pagamento compete a chi era proprietario dell’unità immobiliare al momento della delibera di approvazione dei lavori
Una recente pronuncia della Suprema Corte (Cass. Civ., ord. n. 15547 del 22/6/2017) offre lo spunto per chiarire un tema alquanto dibattuto e che spesso ha generato conflitti tra la parte venditrice e l’acquirente nel caso di compravendita di un immobile sito un complesso condominiale.
Si tratta della questione relativa al pagamento delle spese condominiali straordinarie e, più precisamente, di quelle spese di manutenzione, ristrutturazione o innovazione sulle parti comuni, che, al momento del rogito di compravendita, risultano già deliberate dall’assemblea condominiale.
Il principio enunciato nell’ordinanza della Cassazione afferma che, salvo diverso accordo, responsabile del pagamento delle spese condominiali per i cosiddetti “lavori straordinari”, è la persona che risulta essere proprietaria del bene al momento dell’approvazione (delibera) degli stessi. La circostanza che tale soggetto ceda e venda poi il proprio immobile prima dell’assemblea di ripartizione delle spese, è dunque assolutamente irrilevante.
Sempre secondo la Corte, a rendere obbligato l’ex condomino al pagamento delle spese, è il fatto di aver rivestito la qualità di comproprietario al momento dell’assemblea di approvazione dei lavori straordinari, dovendo considerarsi la successiva assemblea di ripartizione delle spese non il momento costitutivo dell’obbligazione di pagamento, ma solo il momento di precisazione del quantum della stessa, e cioè dell’ammontare dovuto.
Pertanto, ove le spese in questione siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione del contratto di compravendita, delle stesse ne risponderà il venditore, a nulla rilevando che le opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente; l’acquirente avrà diritto di rivalersi, nei confronti del precedente proprietario, di quanto eventualmente pagato al condominio per tali spese, avvalendosi del disposto dell’art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile (disp. att. c.c.).
Quella testé descritta è la più recente pronuncia della Corte sull’argomento oggetto di trattazione.
Vero è che, in passato, sia la Cassazione (v. sent. n. 6323/2003), sia alcuni giudici di merito (Tribunali), hanno invece sostenuto che l’obbligo del condomino di pagare i contributi per le spese di manutenzione delle parti comuni dell’edificio deriva, non dalla preventiva approvazione della spesa, bensì dalla concreta attuazione dell’attività di manutenzione, e sorge quindi per effetto dell’attività gestionale concretamente compiuta, senza che rilevi la data della delibera di approvazione dell’opera, avente una funzione meramente autorizzativa del compimento di una determinata attività di gestione da parte dell’amministratore.
Ad avviso di chi scrive non si può certamente contestare che questa diversa motivazione sia carente di validi argomenti giuridici; anzi, a ben vedere, il principio ivi espresso è forse anche più equo rispetto a quello precedentemente trattato, perché nella fattispecie in esame tiene in considerazione (e conseguentemente obbliga al pagamento) il soggetto proprietario che a tutti gli effetti andrà a beneficiare di questi interventi straordinari, anche in termini di vero e proprio godimento.
La disciplina accennata è espressione del noto brocardo latino “cuius commoda eius et incommoda esse debent”, per cui “chi gode di determinati vantaggi (la manutenzione-ristrutturazione di un bene, n.d.r.) non può non subire gli eventuali riflessi negativi di tale godimento (il relativo costo, n.d.r.) ”.
Premesso dunque che pare persistere un non ancora risolto contrasto giurisprudenziale sul tema, tali incertezze richiedono soluzioni di cosiddetta “tecnica contrattuale”.
Vediamo quindi quale potrebbe essere una scelta praticabile dalle parti in sede di compravendita, per evitare possibili e future questioni che vedrebbero necessariamente interessate le aule giudiziarie, con inevitabile dispendio di tempo e di denaro.
Osserviamo subito che nella fase delle trattative il venditore deve comportarsi secondo le regole della correttezza e della buona fede, quindi in modo assolutamente trasparente, così da fornire all’acquirente tutte le informazioni che riguardano l’immobile oggetto della compravendita e il condominio di cui fa parte. E’ un principio generale previsto dal nostro codice (v. art. 1337 c.c.).
Se sono state assunte delle delibere aventi ad oggetto lavori condominiali straordinari, è opportuno che il proprietario lo comunichi subito all’acquirente, che negozi con quest’ultimo il relativo pagamento, e ciò prima di addivenire alla stipula del definitivo.
Le parti, infatti, sono libere di accordarsi diversamente rispetto al dettato giurisprudenziale descritto, per esempio, prevedendo che le spese per i lavori straordinari (deliberati, ma non ancora eseguiti o in corso di esecuzione al momento della vendita) saranno poste a carico esclusivo dell’acquirente, soggetto che ne beneficerà in futuro.
Altrimenti, nella determinazione del prezzo di compravendita il venditore potrà sempre tenere conto di questo futuro e ulteriore esborso che dovrà sostenere, qualora la delibera condominiale dei lavori straordinari sia stata già assunta.
Le parti posso anche decidere di ripartirsi equamente il relativo costo, nella misura del 50% ciascuna.
In sostanza, le stesse sono libere di accordarsi come ritengono più opportuno: l’importante è che tale accordo venga consacrato nell’eventuale contratto preliminare e/o nel rogito di compravendita, perché diversamente, in caso di lite, sarà il Giudice a doversi esprimere, se adito.
Come visto l’importanza di agire nel rispetto delle regole della correttezza e della buona fede rileva, quindi, già nella fase delle trattative.
Una recentissima pronuncia della Suprema Corte (n. 16640 del 5/7/2017) ha condannato un venditore che, pur essendone a conoscenza, aveva sottaciuto all’acquirente l’esistenza di spese condominiali per opere straordinarie che sarebbero state deliberate di lì a poco, successivamente alla data del rogito di compravendita, e quindi nel momento in cui l’acquirente avrebbe assunto la qualità di proprietario.
Nella fattispecie, dunque, nonostante l’acquirente fosse il proprietario dell’immobile al momento in cui sono state deliberate le opere straordinarie, la Cassazione ha punito il comportamento sleale e non corretto del venditore, a cui è stata contestata una responsabilità precontrattuale nella fase delle trattative, per aver sottaciuto un’informazione importante per l’acquirente.
Pertanto, come visto, non sempre la qualità di proprietario al momento della delibera condominiale costituisce il discrimine per stabilire a chi competa il pagamento delle future spese straordinarie.
Si suggerisce quindi di accordarsi per tempo (e per iscritto) su questo specifico e delicato tema.
Concludendo, merita un breve accenno anche la questione relativa al pagamento degli oneri della c.d. “gestione ordinaria del condominio”, ossia il contributo che in forma fissa bisogna versare sul conto corrente condominiale alle scadenze previste (solitamente trimestrali o quadrimestrali), per contribuire alle spese di amministrazione e di gestione delle cose comuni, e cioè, la pulizia delle scale, la manutenzione ascensore, la cura del giardino, etc..
A chi competono questi oneri in caso di compravendita del bene?
Ferma restando la possibilità per le parti di accordarsi diversamente (precisiamo che l’eventuale patto ha efficacia tra le stesse, ma non è opponibile al Condominio), il nostro codice (v. art. 63, comma IV°, disp. att.) stabilisce che, per le spese relative all’anno in cui è avvenuto il passaggio di proprietà e per quelle dell’anno precedente, l’amministratore può rivolgersi sia al venditore che all’acquirente, che rispondono in via solidale tra loro.
In altri termini, il pagamento del dovuto può essere richiesto per l’intero, indifferentemente, sia all’uno che all’altro soggetto.
Per le spese condominiali relative agli anni pregressi resta responsabile esclusivamente il venditore, mentre per quelle relative agli anni successivi al rogito è obbligato solo l’acquirente, purché venga subito trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto di proprietà, diversamente il venditore resta solidalmente obbligato con l’acquirente per le spese maturate fino al momento in cui è trasmesso all’amministratore il citato titolo.
Se l’acquirente vuole evitare il rischio di pagare la morosità del venditore, è opportuno che chieda a quest’ultimo di farsi rilasciare, dall’amministratore condominiale, una certificazione che attesti che, in relazione all’immobile oggetto della compravendita, non vi sono spese condominiali insolute e che, alla data della vendita del bene, sono state integralmente pagate le spese condominiali maturate.
Per evidenti ragioni di riservatezza e tutela della privacy, il futuro acquirente non ha diritto di richiedere personalmente tale dichiarazione all’amministratore, mentre può pretendere che sia il venditore stesso a procurarsela per tempo e a consegnargliela in originale prima della firma dell’atto di compravendita.
avv. Claudio Cavalera