Semaforo verde per il c.d. preliminare del preliminare
Semaforo verde per il c.d. preliminare del preliminare. Ma a condizione che tra i due contratti vi siano elementi distintivi che corrispondano a interessi delle parti meritevoli di tutela. Con la recente sentenza n. 4628 dello scorso 6 marzo 2015 le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione sono intervenute sull’annoso contrasto giurisprudenziale sorto in merito alla questione dell’ammissibilità del negozio con il quale le parti si obbligano a obbligarsi a stipulare un contratto preliminare, riconoscendo che la prassi commerciale del settore immobiliare è oggi molto più complessa della tradizionale dicotomia contratto preliminare/contratto definitivo.
Autore: Avv. Gianfranco Di Rago – csg@confabitare.it
E’ infatti nozione comune che spesso i contraenti intendono bloccare un presunto affare per il tempo necessario a esperire le necessarie verifiche sulla consistenza del bene (dal punto di vista ipotecario, edilizio e urbanistico, ecc.) e sulla serietà dei contraenti (titolo di proprietà, solvibilità economica, reputazione commerciale, ecc.). Di fatto nella prassi, soprattutto allorché vi sia l’intervento di un agente immobiliare, lo scambio della proposta e dell’accettazione del venditore e dell’acquirente avvengono sulla carta, il più delle volte senza che nemmeno le parti si siano mai incontrate personalmente. In questi casi è del tutto normale che i contraenti, una volta fermato l’affare, vogliano avere il tempo di effettuare i necessari controlli prima di procedere a vincolarsi alla stipula del contratto definitivo di compravendita.
Nell’importante decisione in commento, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno inteso in primo luogo ricordare il principio di diritto a suo tempo fissato dalla famosa sentenza n. 8038/2009. In quella sede i giudici di legittimità avevano testualmente ritenuto che riconoscere come funzione di un contratto quella di “obbligarsi a obbligarsi” alla stipula di un contratto preliminare avrebbe comportato “una inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ben potendo l’impegno essere assunto immediatamente: non ha senso pratico il promettere ora di ancora promettere in seguito qualcosa, anziché prometterlo subito”. Di qui l’orientamento maggiormente seguito in giurisprudenza volto alla dichiarazione della nullità di questo tipo di contratti per mancanza di una causa autonoma.
Le Sezioni Unite hanno quindi inteso fare luce sull’incerto confine tra il mero atto preparatorio (o puntazione) – al quale non viene generalmente attribuito alcune effetto obbligatorio – e il contratto preliminare vero e proprio – con il quale le parti si obbligano invece alla stipula dell’atto definitivo e che è suscettibile di esecuzione forzata in caso di inadempimento – investigando sui reali interessi in base ai quali i contraenti, nella prassi commerciale, scelgono di stipulare degli atti con i quali si limitano a obbligarsi alla stipula di un successivo contratto preliminare. I giudici di legittimità, pur non ribaltando completamente il predetto orientamento giurisprudenziale, hanno però giustamente inteso evidenziare una serie di casi nei quali la volontà negoziale delle parti merita di essere valorizzata e tutelata dall’ordinamento.
Secondo il nuovo principio di diritto indicato dalla Cassazione d’ora in poi i giudici di merito dovranno quindi valutare caso per caso e in via gradata se il c.d. preliminare del preliminare valga già di per sé quale obbligo di procedere alla stipula del rogito notarile – suscettibile quindi di esecuzione forzata ex art. 2932 c.c., con conseguente possibilità di ottenere una sentenza che attui il trasferimento della proprietà del bene immobile e faccia quindi sorgere il contemporaneo obbligo dell’acquirente (forzato) di pagare il prezzo dovuto – se sia invece comunque produttivo di ulteriori e diversi effetti obbligatori (come detto a condizione che emerga il concreto interesse delle parti a una formazione progressiva dell’accordo con differenti contenuti negoziali tra i vari atti) – l’inadempimento dei quali darà luogo a responsabilità contrattuale per la mancata conclusione dell’accordo che le parti si erano impegnate a stipulare – o se sia infine del tutto privo di effetti giuridici in quanto mancante di una causa autonoma e pertanto sostanzialmente inutile (nullo).
La soluzione prospettata dalle Sezioni Unite della Cassazione, nel tentativo di sganciarsi dalle strettoie dogmatiche della dicotomia preliminare/definitivo, appare quindi ragionevolmente pragmatica, indicando come stella polare per l’interprete il principio dell’autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 c.c., valorizzando quindi le diverse fasi della formazione progressiva del vincolo contrattuale tra le parti, a condizione che a ognuna di esse corrisponda un interesse meritevole di tutela giuridica. E’ quindi possibile che al contratto definitivo precedano uno o più contratti preparatori (o preliminari che dir si voglia), a condizione che gli stessi abbiano una propria autonoma ragion d’essere e non si limitino invece a una sterile ripetizione del pregresso contenuto negoziale.