Ritorna la mediazione obbligatoria per le cause in materia di diritti reali, condominio, locazioni e comodato
La presenza in mediazione degli avvocati comporta come primo risultato positivo la possibilità che l’eventuale accordo di conciliazione, ove sottoscritto anche dai medesimi, acquisti immediatamente forza esecutiva, senza necessità di ricorrere al più lungo e costoso procedimento di omologazione presso il tribunale. Si assiste quindi a una sostanziale riduzione dei tempi e dei costi della mediazione obbligatoria, con il passaggio da quattro a tre mesi della durata massima della procedura e la previsione di un primo incontro, sostanzialmente gratuito, nel quale i litiganti sono chiamati a stabilire insieme al mediatore se proseguire o meno nel procedimento, con la possibilità, in caso contrario, di adire immediatamente il giudice.
Debutta poi in una nuova forma di mediazione, ovvero quella delegata dal giudice, già prevista dal D.Lgs. n. 28/2010 ma che è stata ora trasformata in una nuova forma di mediazione obbligatoria, quindi con un sostanziale ampliamento delle controversie sottoposte a tale adempimento preliminare. Altra importantissima novità è poi quella dell’abbandono del tanto discusso criterio della prevenzione, in base al quale l’organismo competente a gestire la procedura di mediazione era quello al quale per primo si fosse rivolto uno dei litiganti. D’ora in poi, infatti, anche alle procedure di mediazione saranno applicabili le regole di competenza territoriale proprie dei procedimenti giudiziari.
Le diverse forme di mediazione
Accanto alla figura per così dire generale della mediazione, nella sua classica forma volontaria, alla quale le parti in lite possono ricorrere in qualsiasi momento, il D.Lgs. n. 28/2010 (normativa quadro in materia di mediazione) ha aggiunto quella c.d. obbligatoria.
In questo caso in una serie di materie – liti condominiali, diritti reali, divisione, successione ereditaria, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e da diffamazione con mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari – almeno una delle parti è sempre costretta a proporre all’altra un incontro preliminare volto alla definizione amichevole della controversia e, una volta avviata la procedura, sono davvero numerose le previsioni di legge che tentano di dissuadere i litiganti dall’abbandonare le trattative e intraprendere la strada del giudizio. Ovviamente l’espressione mediazione obbligatoria deve essere intesa come semplice obbligo del tentativo di conciliazione e non certo come obbligo del raggiungimento di un’intesa transattiva. Le parti in lite sono infatti messe nelle condizioni di confrontarsi liberamente sui fatti controversi e in ogni momento dell’incontro possono abbandonare le trattative e rivolgersi all’autorità giudiziaria.
Il D.Lgs. n. 28/2010 ha poi innovato la figura della c.d. mediazione delegata, ipotesi che si verifica allorché sia lo stesso giudice – dunque al’interno di un processo già pendente – a invitare le parti a recarsi presso un organismo di mediazione. In questo caso, sulla base di quanto disposto ex novo dalla legge di conversione del c.d. Decreto del Fare, che ha specificato come l’esperimento della mediazione sia condizione di procedibilità del relativo processo, ci si trova di fronte a una nuova forma di mediazione obbligatoria, per quanto ordinata da un giudice e, si badi, per materie affatto diverse da quelle di cui sopra.
Ulteriore forma per così dire obbligatoria di mediazione si ha poi nel caso in cui siano il contratto, lo statuto o l’atto costitutivo di un ente a prevederla come necessaria (c.d. mediazione convenzionale). In questo caso, come è evidente, la fonte dell’obbligo è però contrattuale e non normativa, come nel caso di cui al predetto art. 5 del dlgs n. 28/2010. Tuttavia detto obbligo contrattuale è stato in qualche modo rafforzato dal predetto decreto legislativo, in quanto si prevede che la parte possa eccepire in giudizio il mancato rispetto di tale clausola contrattuale da parte dell’altro contraente e che il giudice debba quindi disporre il rinvio della causa a un organismo di mediazione iscritto nel predetto registro tenuto dal ministero della giustizia.
I procedimenti esenti nelle materie sottoposte a mediazione obbligatoria
Per espressa disposizione del comma 4 dell’art. 5 del D.Lgs. n. 28/2010 è però previsto che nelle materie per le quali la mediazione è obbligatoria siano comunque esentati una serie di specifici procedimenti:
- nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione (da questo momento in avanti, quindi, se si tratta di una materia sottoposta a mediazione obbligatoria, il giudice dovrà disporre in modo da spingere le parti a effettuare il tentativo, nel termine minimo di tre mesi, prima dell’ulteriore prosecuzione del processo);
- nei procedimenti per convalida di licenza o di sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile;
- nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;
- nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata;
- nei procedimenti in camera di consiglio;
- nell’azione civile esercitata nel processo penale.
A questo elenco la legge di conversione del c.d. Decreto del Fare ha quindi aggiunto l’ulteriore ipotesi del procedimento di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite di cui all’art. 696-bis c.p.c.. Detta procedura, infatti, per sua stessa natura finalizzata proprio a provocare la transazione della controversia dinanzi al consulente tecnico d’ufficio nominato dal tribunale, ha reso opportuno prevedere una specifica esenzione dalla mediazione obbligatoria, che ne avrebbe di fatto rappresentato un inutile doppione.
La presenza obbligatoria dell’avvocato in mediazione
D’ora in poi i contendenti, come sono soliti fare per le cause giudiziali, dovranno andare in mediazione in compagnia dell’avvocato. Si tratta di un’ulteriore novità introdotta in sede di conversione in legge del c.d. Decreto del Fare. La figura dell’avvocato viene comunque giustamente valorizzata ai fini della redazione dell’accordo di conciliazione, in quanto il professionista legale dovrà valutare che il suo contenuto non violi norme imperative e/o il c.d. ordine pubblico, attestando tale circostanza con la propria sottoscrizione in calce a quella del proprio assistito. A tali condizioni l’accordo di conciliazione avrà quindi per legge valore di titolo esecutivo valido per l’esecuzione forzata degli eventuali obblighi rimasti inadempiuti, senza necessità di avvalersi della più complessa e lunga procedura di omologazione dinanzi al competente presidente del tribunale.
Come scegliere l’organismo di mediazione?
Anche in questo caso nuove regole: i litiganti dovranno infatti rivolgersi a un organismo di mediazione che abbia sede (o una delle sue sedi) nel luogo in cui si trova il giudice territorialmente competente per la relativa controversia (quindi, per quanto riguarda le controversie aventi a oggetto un immobile, essenzialmente il luogo in cui il medesimo si trova). Si tratta di una modifica di particolare importanza per il sistema della mediazione. Il vecchio art. 4 del D.Lgs. n. 28/2010 prevedeva infatti la massima libertà per i privati di scegliere l’organismo di mediazione che preferissero, ovviamente tra quelli iscritti nel registro ministeriale, senza fare riferimento a criteri processuali, quale ad esempio quello della competenza per luogo.
Autore: Gianfranco Di Rago – Avvocato in Milano