Occupazione abusiva di immobile: quali strumenti di tutela

Occupazione abusiva di immobile: quali strumenti di tutela

L’occupazione abusiva di immobili è un fenomeno che, da diversi anni, ha avuto una crescita esponenziale tale da diventare emergenza abitativa nonchè piaga sociale.
Ad essere colpite sono soprattutto le città metropolitane, ma anche i centri urbani di minori dimensioni sono stati oggetto di questo fenomeno che, dilagando al punto tale da sfociare in conflitti sociali, è stato portato all’attenzione dei mass media.

Poiché la proprietà immobiliare, considerata spesso un investimento, ha anche la funzione di produrre un reddito ulteriore per tutte quelle persone che hanno la necessità di arrotondare lo stipendio o l’esigua pensione, conseguentemente il danno che subisce il proprietario di un immobile che viene “spogliato” di un bene primario come la casa ereditata o acquistata è di natura sia economica che morale.

L’occupazione abusiva di un immobile, consistente nella condotta di un soggetto che, privo di un titolo legittimo o clandestinamente decide di stabilirsi in un immobile di proprietà altrui, rappresenta una grave violazione dei principi dettati non soltanto dalla Costituzione (artt.2 e 3) ma anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in quanto comprime l’inviolabile diritto di proprietà.

La CEDU all’art.1 del protocollo intitolato “Protezione della proprietà” sancisce che “ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale”.

Per tale ragione il legislatore ha previsto una serie di strumenti di tutela in campo civilistico e penalistico, anche se le attuali norme in vigore non garantiscono una tutela immediata dal momento che le autorità non hanno poteri coercitivi; occorre necessariamente fare ricorso al giudice.

Operativamente occorre distinguere il caso in cui l’occupazione abusiva avvenga senza alcun titolo e clandestinamente, mancando quindi una spontanea consegna dell’immobile da parte del proprietario, dal caso in cui l’occupazione si sia rivelata abusiva dopo la consegna dell’immobile in base ad un contratto di locazione o comodato scaduto o ritenuto invalido, in quanto sono previsti differenti iter processuali; sarà inoltre differente la prova da fornire al giudice per ottenere una pronuncia favorevole.

In ambito civile, il nostro ordinamento giuridico riconosce per il caso di occupazione senza titolo e clandestina l’azione di rivendicazione disciplinata dall’art.948 c.c. che recita “il proprietario può rivendicare la cosa da chiunque la possiede o detiene e può proseguire l’esercizio dell’azione anche se costui, dopo la domanda, ha cessato, per fatto proprio, di possedere o detenere la cosa. In tal caso il convenuto è obbligato a recuperarla per l’attore a proprie spese o in mancanza a corrispondergli il valore oltre a risarcire il danno….L’azione di rivendicazione non si prescrive, salvi gli effetti dell’acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione”.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione civile intervengono, con una recente sentenza n.33645 pubblicata il 15 novembre 2022 in favore del proprietario privato del suo diritto, affermando che la tutela è doppia nel caso di occupazione abusiva: da una parte c’è la tutela con l’azione di rivendica, dall’altra la tutela risarcitoria. Precisa la Corte che se il danno richiesto dal proprietario per mancato godimento della casa non può essere provato nel suo preciso ammontare, il giudice deve liquidare il risarcimento in via equitativa, ricorrendo se necessario al parametro del canone di locazione praticato sul mercato. Per la Cassazione sussiste anche un altro danno: il mancato guadagno, consistente nel pregiudizio patito dal proprietario il quale, se non fosse avvenuta l’occupazione, avrebbe concesso in locazione o venduto a terzi.

Caso diverso è se l’occupazione abusiva si verifica a seguito di contratto scaduto o invalido: il proprietario dell’immobile potrà esperire il procedimento giudiziario denominato azione di restituzione improntato ai caratteri della celerità ed immediatezza secondo il rito locatizio.

Entrambi i procedimenti si differenziano inoltre perché l’azione di rivendica deve essere obbligatoriamente preceduta dal tentativo di mediazione, dinanzi ad un organismo ADR, in quanto condizione di procedibilità dell’azione; mentre è facoltativo per l’azione di restituzione.

A questo punto, i procedimenti giudiziari sopra descritti, se sfociano in una sentenza in favore del proprietario, verrà disposto il rilascio dell’immobile “libero da persone e cose” entro una precisa data stabilità dal giudice.

Se ciò non si dovesse verificare in quanto l’occupante non adempie in conformità alla sentenza, sarà necessario allora instaurare un procedimento esecutivo di rilascio affinchè l’ufficiale giudiziario del Tribunale competente per territorio, esegua la pronuncia immettendo nel possesso del bene il legittimo proprietario. E’ possibile che l’ufficiale giudiziario debba perfino ricorrere all’assistenza della forza pubblica per un rilascio forzoso del bene a causa della condotta ostruzionistica dell’occupante.

La tutela penale accordata dal nostro ordinamento per il caso di occupazione abusiva consiste nella presentazione, presso la procura della Repubblica, da parte del proprietario di una querela per il reato di invasione di terreni ed edifici e violazione di domicilio con la quale ottenere un ordine di sgombero da parte del giudice e la condanna dell’occupante da 6 mesi a 3 anni ai sensi del 1° e 2°comma dell’art.614 del Codice Penale.

Trattasi di reati perseguibili a querela di parte (il proprietario) ma sussiste una eccezione alla loro punibilità: lo stato di necessità che è considerato come un pericolo per la persona che si trova nella necessità, per l’appunto, di dover agire per limitare il proprio rischio e per tale ragione la legge lo giustifica, semprechè ricorrano contemporaneamente e cumulativamente la necessità di salvarsi da un pericolo grave, l’attualità del pericolo e la inevitabilità di non poter scegliere soluzioni alternative.

Secondo il dettato dell’art.54 del Codice Penale “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”.

In quanto scriminante, lo stato di necessità si basa sul principio del bilanciamento degli interessi, per cui uno di essi viene considerato prevalente rispetto agli altri e di conseguenza la condotta, qualora integri i requisiti richiesti dalla norma, non sarà punibile.

A questo proposito interviene la Cassazione che con la sentenza della seconda sezione penale n.46054/2021 ha sancito che per il reato di occupazione abusiva di immobile vada riconosciuta la scriminante della “particolare tenuità del fatto” qualora ricorra per l’appunto lo “stato di necessità” di dare un tetto ai figli minori.

Precisa la Corte che lo stato di necessità, conseguente al pericolo di danno grave alla persona, inteso come compromissione del diritto di abitazione quale diritto fondamentale della persona riconosciuto e garantito dall’art.2 della Costituzione, comportasse non l’automatismo dello sfratto bensì la messa in atto di una misura alternativa da parte delle istituzioni pubbliche, idonea a prevenire la condizione drammatica del rimanere senza alloggio.

Avv. Maria Luisa Mandas
Presidente regionale Confabitare Sardegna
Sede provinciale di Cagliari

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