Nuda proprietò, ovvero quando una “tragedia” te la trasformo in business

Si dice che nei sogni e nell’idea di investimento ideale della maggior parte degli italiani ci sia il mattone! Ma quando l’economia «gira al brutto», ecco che i sogni lasciano lo spazio agli incubi! Ciò perché non stiamo parlando di cose semplici e, poi, non dimentichiamoci che in tempi complessi come quelli attuali gli «incubi» possono essere pesanti. E non parlo solo di quelli di chi ha comprato casa grazie al mutuo (oggi ballerino), ma penso anche a quegli italiani, spesso anziani, resi poveri (o più poveri) dai fatti di questi ultimi anni, che non riescono più a far fronte ai costi che una casa richiede (in questo caso pensiamo non solo alle tasse, ma agli oneri relativi alla manutenzione ed alla ristrutturazione). Se poi il lavoro non c’è più o la pensione non basta, le cose diventano davvero insostenibili. Come sempre accade, però, i «creativi» non mancano. Ed allora ecco che si è fatto ricorso ad un istituto giuridico di antica data per dare nuova linfa al mercato immobiliare, che tanto ha sofferto e soffre da almeno dieci anni. Parlo della «riscoperta» della nuda proprietà come forma di finanziamento (anzi, a dirla tutta, come vero e proprio strumento finanziario) che, nel caso delle persone anziane, si sta evolvendo in una sorta di previdenza «complementare».

La nuda proprietà, in pratica, rappresenta il valore che un immobile ha, decurtato del valore dell’usufrutto, ossia del diritto che un altro soggetto ha di usare quel bene. Nei fatti, vendere la nuda proprietà significa vendere un proprio immobile con il diritto (tecnicamente la riserva) di viverci (l’usufrutto, appunto). Chi compra, invece, lo fa come puro investimento, non potendo disporre al momento della proprietà. Quindi, per capirci, l’usufruttuario (quello che non ce la fa più in parole povere ed è costretto a vendere) ha il potere di godere della cosa e di trarne ogni utilità che la stessa può dare, per tutta la durata della sua vita, ma non oltre, potendo anche cedere il proprio diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata, se ciò non è vietato dal titolo costitutivo (il contratto), ma sempre rispettandone la destinazione economica. Viceversa, la nuda proprietà, di cui è titolare il «nuovo» proprietario corrisponde alla proprietà «spogliata» del diritto di usufrutto per tutta la durata dello stesso, a favore del suo titolare (il venditore). Argomento complesso, ma che «allegramente» sta portando via le case a molte persone…
Nei fatti, pertanto, si realizza una vera e propria operazione finanziaria, con la quale un soggetto dotato di liquidità acquista la nuda proprietà da chi si trova in difficoltà (che, così, riceve liquidità per poter continuare a vivere e, molte volte, potersi curare), lasciandolo nel possesso dell’immobile e differendone la possibilità di disporne liberamente al momento del decesso del venditore. Sono poi sempre di più gli anziani che si trovano nella necessità di «finanziarsi» non per propria necessità, bensì per poter aiutare i figli. Ma fosse solo questo il motivo del «boom» sarebbe ancora tutto sommato normale.

Se ci aggiungiamo la necessità sempre più impellente di contribuire al mantenimento della famiglia dei propri figli (a loro volta con figli) che versano in ancor più gravi difficoltà causa l’elevato tasso di chiusura o crisi delle imprese, ecco che si comprende come nel nostro Paese sia in corso un mutamento tutt’altro che rassicurante: la casa, il tanto sognato ed agognato «mattone sicuro», non diventa più solo un bene economico da trasmettere ai figli con la successione, ma si sta trasformando sempre più in un «asset finanziario» per chi è arrivato, come si suol dire, «al capolinea» delle proprie possibilità finanziarie.

Così qualcuno ha pensato bene di estrarre dall’armadio l’istituto della nuda proprietà per trasformarlo in uno strumento finanziario che ha riscosso un certo interesse e successo. E non è che la cosa sia riferibile solo alle situazioni drammatiche. Perché l’asset può trovare anche altre applicazioni interessanti come ad esempio il caso di un soggetto che voglia disporre di un immobile pagandolo meno e differendo nel tempo questa disponibilità (cioè il diritto ad usarlo). Oppure si pensi a una giovane coppia che, magari non ha al momento necessità di reperire una casa, e acquista un immobile di loro interesse da un soggetto che ha necessità di monetizzare, acquistando a prezzo vantaggioso.

Gli operatori immobiliari «più creativi» stanno addirittura iniziando ad immaginare un prossimo mercato, quello della compravendita del diritto di usufrutto, in questo caso tendenzialmente più orientato verso i giovani.

Ma è tutto davvero così semplice? Tutt’altro.
Perché una cosa sono gli investimenti che può realizzare un gruppo o un investitore immobiliare, ben altro laddove nel business ci si vogliano buttare a capofitto i privati. Perché in questo caso, se non si dispone di una discreta liquidità non necessaria, le cose si potrebbero complicare non poco vista la scarsa propensione del sistema bancario ad erogare muti in assenza di precise e, oggi, robuste garanzie. E allora, potrebbe accadere che gli sprovveduti di turno, invece che un asset, potrebbero trovarsi in mano il proverbiale cerino, oltre ad una lunga fila di rogne, di costi e di debiti da pagare. E chissà che il prossimo creativo non stia magari già pensando ad una loro cartolarizzazione.

Avv. Luca Capodiferro
Presidente Centro Studi nazionale Confabitare

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