Le mie pigioni

Le mie pigioni

Il pagamento del canone rappresenta una delle obbligazioni principali del conduttore nel contratto di locazione (art.1587 c.c.). Nelle locazioni ad uso abitativo, esso può essere “concordato” oppure “libero”.

Il canone concordato è determinato secondo quanto deciso negli accordi locali tra le organizzazioni maggiormente rappresentative della proprietà fondiaria e quelle dei conduttori. Il locatore dovrà far redigere e sottoscrivere un’apposita attestazione di rispondenza da un’associazione di categoria, la quale si occuperà anche di ottenere l’opportuna controfirma dall’associazione rappresentativa degli inquilini. Il canone è determinato in base alle caratteristiche dell’immobile (ad es. classe energetica, numero di vani, ecc.) ed a quelle del contratto stipulando (ad es. durata, recesso, ecc.), secondo i valori nelle tabelle allegate al vigente accordo della città ove è sita l’abitazione da locare. Il contratto prevede importanti agevolazioni fiscali sulla rendita percepita dal locatore; tuttavia, il canone determinato è inferiore ai valori di mercato. Se il canone calcolato con l’attestazione di rispondenza non è corretto, il conduttore ha il diritto di chiedere l’adattamento ai valori di cui agli accordi locali, e la restituzione dei maggiori importi eventualmente già corrisposti al locatore, che rischia – in caso di successivo accertamento tributario – anche di perdere le agevolazioni fruite.
Il canone libero, invece, è rimesso integralmente alla volontà delle parti. Ciò implica che il canone è, di norma, più alto di quello previsto nel concordato, in quanto più aderente ai valori di mercato. La tassazione è, tuttavia, più alta. Il locatore può optare per il regime della c.d. cedolare secca, che comporta una aliquota fiscale ridotta, in cambio della rinuncia all’aggiornamento annuale ISTAT del canone, che quindi non verrà, in tal caso, adattato all’eventuale futura inflazione.
Con l’uso del contratto a canone libero, talvolta, i locatori hanno determinato il canone in maniera atipica: due note ipotesi sono il canone “a scaletta” e quello a “forfait”.

Il canone a scaletta è predeterminato in maniera crescente, di solito aumentando di anno in anno. Nella prassi, capita che sia inserito per agevolare il conduttore nei primi anni del rapporto, in cui il canone è più basso. Nei contratti di locazione ad uso abitativo, la pattuizione del canone a scaletta è nulla e rappresenta un grande rischio per il locatore. Non vi saranno problemi, invece, nelle locazioni commerciali, in cui tale pattuizione è valida (e molto comune). Se il proprietario di un immobile ad uso abitativo intende applicare un canone minore per un certo periodo, potrà comunque optare per un separato accordo di riduzione temporanea del canone: si tratta di un patto aggiunto, stipulabile in qualsiasi momento, che dovrà essere registrato al pari del contratto di locazione cui accede.

Il canone c.d. a forfait, frequente nelle locazioni transitorie, ha la particolarità di fungere, oltre che da corrispettivo per il godimento dell’immobile, anche da rimborso spese predeterminato in misura fissa. Può capitare che le spese sostenute siano poi minori di quanto incassato a titolo di rimborso, così determinandosi una plusvalenza che eluderebbe l’imposta applicata solo sul canone dichiarato come tale, con il rischio di accertamenti tributari; l’opposta situazione è, invece, che le spese effettive per l’immobile siano superiori a quelle preventivate, per maggiori consumi del conduttore o, come accaduto di recente, per l’aumento del costo delle materie prime (si pensi, ad esempio, quando negli oneri a forfait è incluso il riscaldamento, magari centralizzato): il locatore, in tal caso, pagherà la differenza di tasca propria, salvo che il conduttore accetti di rinegoziare l’accordo. In conclusione, nei contratti di locazione ordinari ad uso abitativo, anche a causa della lunga durata del rapporto, la promiscuità del canone con gli oneri accessori in unico forfait non è consigliata.

Avv. Luigi Maccarrone
(consulente di Confabitare)

 

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