Le distanze delle piante dai confini
Seppur tali distinzioni siano alquanto empiriche, dal momento che non tengono conto del reale ed effettivo sviluppo di una pianta, il codice individua, comunque, tre diverse categorie di alberi e, di conseguenza, tre diverse distanze da rispettare:
- alberi di alto fusto che devono essere piantati a una distanza di almeno tre metri dal confine che divide le due proprietà;
- alberi con rami che possono arrivare a un’altezza massima di 3 metri, che devono essere posti a 1,5 m dal confine;
- alberi che non superano in altezza 2,5 m, che debbono essere posti a 0,5 m dal confine.
Oltre alla tipologia di alberi, occorre presentare attenzione a due diverse situazioni:
- quella in qui gli alberi devono essere piantati e quella in qui gli alberi già insistono sul terreno.
Nel primo caso è necessario rispettare non solo il disposto codicistico dell’art. 892 c.c., che fissa le distanze sopra riportate, bensì soprattutto i regolamenti od usi locali, i quali prevalgono sulle norme del codice. E’ opportuno, quindi, entrare a conoscenza delle stesse, prevedendo a reperire le norme regolamentari – solitamente contenute in regolamenti di polizia urbana o rurale – presso i singoli Comuni, mentre gli usi presso le raccolte curate dalle locali Camere di Commercio. Opportuno accorgimento quando viene piantato un albero, consiste poi nel tener conto sia del suo fogliame che dell’estensione delle sue radici. Infatti, le foglie che cadono dal’albero possono ingombrare le grondaie del vicino, con conseguente responsabilità dell’proprietario dell’ albero; lo stesso vale per le radici che invadano la proprietà del vicino e che provocano danni alle recinzioni, alle costruzioni o alle condutture. Infatti, anche se la legge autorizza il vicino a tagliare le radici che invadano il suo terreno, non lo ritiene però responsabile dei danni provocati dalle stesse ad altri vicini, nel caso che egli non abbia provveduto al taglio. Si consiglia, quindi, di scegliere accuratamente le specie da piantare, tenere conto della loro altezza, delle dimensioni, della velocità di crescita, nonché dell’espansione delle stesse.
Qualora, invece sul confine esistesse un muro (ovviamente senza aperture) – poco importa se comune o di proprietà esclusiva di uno dei due confinanti – le distanze previste all’art.892 c.c. non devono essere osservate, a condizione che le piante siano potate in modo da non superare l’altezza del muro. Ricordo che il muro sul confine può essere alto fino a tre metri (art. 878 c.c. ); se però si ha dritto di tenere sul confine un muro di maggior altezza, anche le piante possono essere fatte crescere vicino ad esso fino alla sua altezza.
All’opposto, la presenza di altro tipo di recinzione (rete, filo spinato, staccionata ) non incide sulle distanze in esame.
Differentemente, il confinante può esigere che si estirpino le piante cresciute a distanza non legale; oppure, in alcuni casi, invece di estirpare la pianta, potrà essere sufficiente potarla in modo da darle una struttura definitiva, ove possibile, così da consentire di rientrare in una categoria inferiore. In ordine, poi , alla messa a dimora di alberi, arbusti, siepi fuori dal centro abitativo valgono gli art. 26 e 27 del Codice della Strada. Le distanze minime da rispettare sono:
- la distanza dal confine stradale non può essere inferiore alla massima altezza raggiungibile per ciascun tipo di essenza a completamento del ciclo vegetativo e, comunque, non inferiore a metri 6;
- la distanza di almeno un metro dal confine stradale per siepi e recinzioni in rete metallica di altezza inferiore ad un metro;
- la distanza di metri 3 dal confine stradale per siepi, piantagioni e recinzioni in rete metallica di altezza superiore ad un metro.
Ricordo, ancora, che per confine stradale s’intende il ciglio superiore della scarpata del fossato stradale verso la proprietà privata. In situazioni particolari poi, come ad esempio in prossimità di incroci e/o curve stradali valgono specifiche norme del codice della strada, che impongono il rispetto dell’angolo di visibilità, quindi ogni situazione andrebbe valutata singolarmente.
Tornando, poi, alla seconda ipotesi – ovvero al caso in cui gli alberi insistono già sul terreno – occorre, invece, effettuare un ulteriore distinguo a seconda che si sia acquisito il dritto di tenere la pianta a distanza minore di quella legale oppure no.
Trattasi di vera e propria servitù che può essere acquisita o per contratto o per ‘’destinazione del padre di famiglia’’ (ad esempio, a seguito di divisione del terreno, il confine è venuto a trovarsi presso l’albero) oppure per usucapione ventennale, situazione quest’ultima, di gran lunga la più frequente, la quale si verifica quando il confinante per almeno vent’anni non reagisce al fatto che una pianta sul fondo vicino cresca a distanza non legale. Nel caso in cui si è acquisito il dritto – si può conservare l’albero, ma se successivamente questo muore o viene abbattuto, lo stesso non può essere sostituito; unica eccezione consentita della legge riguarda il caso di sostituzione di un albero o di alberi che facciano parte di un filare lungo il confine.
All’opposto, se il dritto non è ancora acquisito, il confinante può chiedere in qualunque momento che l’albero venga reciso o ridotto nel senso sopra detto.
Il legislatore ha, altresì, previsto – all’art.896 c.c. – che il proprietario di un terreno può, in qualunque momento, costringere il vicino a recidere i rami di un albero – poco importa se a distanza legale oppure no – che si protendono sul suo fondo. Si deve, però, ritenere che anche il proprietario invaso, se vi riesce, possa tagliare – stando sul proprio terreno – quella parte di ramo che oltrepassa la linea ideale di confine, e così vale anche per le radici entrate nel proprio fondo. Tuttavia, il dritto di recidere rami o radici può trovare limitazioni in particolari norme locali che sottopongano a tutelare alberi di certe specie o dimensioni, in particolare quando la recisione comporti un danno per l’albero.
Riguardo, invece, ai frutti, quelli portati da rami protesi sul fondo altrui e cadutivi naturalmente appartengono al proprietario del fondo su cui sono caduti. Ciò significa che questi non ha dritto di raccogliere i frutti portati dai rami protesi sul fondo, ma deve attendere che i frutti cadano per cause naturali. Concludendo, per ottenere il rispetto delle distanze legali o la recisione di rami – nel caso in cui il vicino non abbia dato seguito alle intimazioni di rito effettuate mediante lettera raccomandata – occorre proporre un’azione giudiziaria di negazione di servitù.
Si consiglia, in ogni caso, di evitare che si consolidino delle servitù – anche quando l’albero non dà noia – è opportuno prendere dal vicino, prima che siano trascorsi i fatidici vent’anni, quanto meno una dichiarazione in cui lo stesso riconosce di non avere alcun dritto a tenere l’albero a distanza non legale.