La conferma dell’amministratore in sede assembleare. Quale maggioranza a supporto?
L’amministratore di condominio annaspa tra mille difficoltà: quale professionista “paziente” fomentato da un’ineludibile incertezza operativa. Certezza che viene meno anche nel caso in cui, dopo anni di duro lavoro, si trovi avanti all’assise dei condòmini per chieder “conferma” al proprio mandato.
Quali maggioranze gli serviranno mai per legittimare il rinnovo della propria investitura? Ancor oggi vi sono dispute interpretative tutte incentrate sul quesito se la nomina, la conferma e la revoca siano fattispecie diverse o assimilabili tra loro (?), con le logiche conseguenze del caso in termini di maggioranze assembleari.
Senza alcun spirito di esaustività e pure ben lungi dal rigore scientifico che meriterebbe un approfondimento sul tema, tentiamo di fornire, per quanto possibile, una soluzione al quesito, o meglio tentiamo di comprendere quali sono le argomentazioni che supportano i diversi orientamenti che si articolano sul merito.
Alcuni punti fermi: gli addentellati normativi.
Discorre solo di “nomina” e “revoca” l’articolo 1136 codice civile, laddove afferma – in seno al comma IV – che la maggioranza per ricorrervi è quella dei partecipanti alla riunione con rappresentanza di almeno la metà del valore dell’edificio.
La norma viene qualificata come imperativa, cioè inderogabile da parte dell’autonomia privata – almeno in senso peggiorativo – stante l’impossibilità di derogarvi anche da parte di un regolamento contrattuale (art. 1138, quarto comma, c.c.).
Della “conferma” o meglio del “rinnovo” discute, invece, l’articolo 1135 codice civile (“…l’assemblea provvede alla conferma dell’amministratore e all’eventuale sua retribuzione“), in materia di attribuzione dell’Assemblea dei condòmini, e, seppure per relationem, l’articolo 66 delle disposizioni di attuazione codice civile.
Le fattispecie della “nomina” e della “revoca”, da una parte, e quella della “conferma” o del “rinnovo”, dall’altra parte, sono entrambe richiamate poi dall’articolo 1129 codice civile, novellato dalla riforma posta in essere dalla Legge 220/2012.
Nel comma X di quest’ultima norma, il primo in ordine di trattazione, si afferma che “L’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L’assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore“.
Nel comma XI, a seguire, si dispone che “La revoca dell’amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio”.
Dunque, questo è il quadro normativo di insieme.
Orientamenti a confronto.
La prima tesi in trattazione è quella che ritiene che la “conferma” del mandato dell’amministratore equivalga alla “nomina”, per cui deve essere approvata con un quorum non inferiore alla misura di n. 500 millesimi.
Il fondamento di tale tesi trae spunto dalla Sentenza emessa dalla Corte di Cassazione in data 054 maggio 1994 al nr 4269. L’argomentazione che vi fa da corollario poggia le basi sull’assunta identità contenutistica e funzionale tra le due accezioni (“nomina” e “conferma”, per l’appunto).
La disposizione dell’art. 1136 comma 4 c.c. la quale richiede per la deliberazione dell’assemblea del condominio di edifici riguardante la nomina o la revoca dell’amministratore la maggioranza qualificata di cui al comma 2 è ritenuta applicabile anche per la deliberazione di conferma dell’amministratore dopo la scadenza del mandato. In senso conforme, risultano, oltre la risalente Cassazione del 29 luglio 1978, n. 3797, anche quella del 5 gennaio 1980 n. 71, le quali hanno statuito che «in tema di condominio negli edifici, l’art. 1136 comma 4 c.c., sulle maggioranze necessarie al fine della nomina dell’amministratore, trova applicazione tanto nel caso di prima nomina quanto in quello di conferma dopo la scadenza del mandato annuale, mentre resta irrilevante, in tale seconda ipotesi, la circostanza che l’amministratore medesimo abbia a lungo continuato ad esercitare le sue funzioni, per inerzia dei condomini nel sollecitare detta deliberazione, stante la non configurabilità di un rinnovo dell’incarico in forma tacita».
In buona sostanza, seconda tale tesi la “conferma” non è che una nuova nomina, la quale deve avvenire alla scadenza normale (annuale) dell’incarico ad amministrare e ha gli stessi effetti giuridici della prima nomina o della nomina ex novo.
Anzi, l’unica differenza che sussiste tra i due atti non riguarda affatto il contenuto e gli effetti giuridici degli stessi, sebbene la circostanza che nel caso della conferma la nomina riguarda persona già in precedenza nominata, mentre nel caso della nomina ex novo essa riguarda una diversa persona (L’amministratore: nomina, revoca e attribuzioni di De Tilla Maurizio, in Immobili & Diritto1.6.2011 – n. 6).
La seconda tesi interpretativa. Secondo molti altri interpreti ancora la “nomina” e la “conferma” dell’amministratore sono istituti diversi, anche in considerazione del contenuto letterale che essi esprimono, se non del contesto temporale e sociale di riferimento.
In effetti, il Legislatore del 1942, quale redattore delle norme in considerazione, aveva un uso delle parole molto più preciso di quello che adesso si sperimenta, per cui utilizzare il termine “conferma” e contestualizzarlo in ambito differente rispetto quello richiamato per le fattispecie della “nomina” e della “revoca” non dovrebbe essere inteso come una mera casualità, piuttosto come una precisa indicazione di separazione di ruoli e funzioni.
Alla nomina di un nuovo amministratore, ignoto ai condòmini; si contrappone la conferma di chi è già in carica e ha già dato dimostrazione delle proprie capacità, ovvero è stato apprezzato per le sue doti e qualità personali.
Questo orientamento è stato accolto e premiato dalla pronuncia nr 10701/2009 del Tribunale di Roma.
Il giudice capitolino ha chiarito che si tratta di rielezione dello stesso amministratore nella carica precedentemente ricoperta da inquadrare nella disciplina prevista dall’articolo 1135 cod. civ.
Norma, quest’ultima, per la quale non serve la maggioranza richiesta dal comma 4 dell’articolo 1136, ma basta quella prevista dal comma 3: e cioè un numero di voti che rappresenti un terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio (in senso conforme ci sono le pronunce del Tribunale di Palermo e di Bologna, rispettivamente, del 2015 e 2009).
Non avrebbe senso, d’altra parte, il riferimento dell’articolo 66 disp.att. cod. civ., laddove richiama l’assemblea ordinaria per le deliberazioni indicate nell’articolo 1135 cod. civ.(tra cui contempla quella, per l’appunto, della conferma) , se non si addivenisse alla conclusione per cui la “conferma” necessita di una maggioranza semplice (pari a 333,33 millesimi).
La terza ipotesi interpretativa, infine, è frutto di una soluzione mediana (che parte dal diritto societario). Dibattere sulla nomina o conferma dell’amministratore sarebbe insensato: poiché l’amministratore non revocato sarebbe egualmente confermato [anche se, la giurisprudenza, ritiene con poteri depotenziati (si discorre, in tal caso, di “prorogatio imperi“)].
Ciò non toglie tuttavia che tanto basta per inibire ai condòmini il diritto di ricorrere all’autorità giudiziaria per chiedere la nomina di uno nuovo.
Il Tribunale di Milano, con il provvedimento del 23 ottobre 1989, riflette su tale “paradosso” giuridico ed arriva a concludere che: la domanda, riguardante l’annullamento della deliberazione nella parte in cui omette di deliberare sulla conferma o sostituzione dell’amministratore sull’erroneo presupposto dell’inesistenza del quorum richiesto dalla legge per siffatta decisione, è infondata e va sempre respinta.
Il giudice meneghino fotografa il tenore letterale di una simile delibera -la quale, nel caso in specie, recitava le seguenti parole: “l’amministratore fa presente all’assemblea che non essendoci i 500 + un millesimo, l’amministratore medesimo rimane in carica” – e conclude che, anche in tale ipotesi, l’amministratore deve comunque intendersi prorogato nelle funzioni, non ammettendo la legge che il condominio ne resti privo.
Sulla stessa scia si pone la Corte di Appello di Venezia – con Sentenza del 14.01.2015. Tale pronuncia è da evocare con pertinenza, visto il favore del “tempo” di cui gode e il richiamo, pertanto, alle norme del codice riformato dalla novella del 2012.
Il giudice lagunare ritiene che: “invero, ex art.1129 comma decimo c.c., così come riformato, il rinnovo dell’amministratore è, per così dire automatico, essendo prevista la permanenza in carica dell’amministratore condominiale, per il caso in cui per qualsiasi motivo, non venga nominato altro soggetto, o non venga riconfermato l’incarico a quello attuale, con conseguente conferma dell’istituto della prorogatio”.
In altri termini, con riferimento agli art. 1135 c.c. e 1129 c.c., è possibile ricorre al Giudice per la nomina dell’amministratore solo qualora il condominio ne sia sprovvisto escludendosi i casi in cui comunque vi sia un legittimo amministratore in carica.
Parte della dottrina condivide tale pronuncia ma ne censura la conclusione nella parte in cui afferma che l’amministratore in carica, che non sia stato riconfermato con la maggioranza di cui all’art. 1136 2° comma c.c., tale rimanga per il principio della “prorogatio imperi” (è questo il riferimento della Corte Veneziana quando afferma “per il caso in cui per qualsiasi motivo, non venga confermato altro soggetto”).
Secondo tale tesi, l’art. 1129 10° co. c.c. conduce ad una soluzione diametralmente opposta, per la quale se l’amministratore in carica non ottiene la nomina dalla maggioranza dei condomini presenti in assemblea che rappresentano almeno la metà del valore dell’edificio esso non è riconfermato, ma, con l’ausilio di una maggioranza inferiore, come afferma letteralmente la norma, questi è “rinnovato” con i pieni poteri.
Tertium non datur.
In altri termini, Il legislatore -ad avviso della citata dottrina – con una tecnica di redazione poco corretta e confusionaria ha voluto superare la difficoltà della conferma con le stesso quorum della nomina prevedendo si un quorum minore, ma di comunque sempre espressione di una manifestazione di volontà dei condomini (cfr, M.Voi:;R.Viganò: Nomina e conferma dell’amministratore condominiale; un vero o falso problema? In I rapporti tra assemblea ed amministratore del condominio, Giuffrè 2005)
Conclusione. Ebbene fermarci qui, per non risultare eccessivamente prolissi e complicati.
Rimane l’assunto per cui le diverse tesi che si sono frapposte sull’argomento della conferma o del rinnovo della carica amministrativa rendono talmente “vivace” il dibattito da regalare ai suoi più immediati destinatari soggettivi, cioè gli amministratori, più incertezze che altro.
Da par nostro, ci limitiamo a contestualizzare la vicenda della conferma alla novella del 2012 e alla conseguente evoluzione storica e sociale dell’istituto del mandato dell’amministratore di condominio degli edifici.
Appare così, a nostro avviso, opportuno argomentare sul tema del “rinnovo” (altra espressione coniata dal legislatore della riforma che si aggiunge a quella originaria presente nel codice “conferma”) secondo presupposti interpretativi offerti dall’articolo 12 delle Preleggi, ricorrendo così ad una interpretazione dei precetti in considerazione (1135, 1129 c.c. e 66 delle disposizioni di attuazione al cc) su base meramente letterale, sistematica e teleologica ancor prima che analogica rispetto all’altro precetto in disamina (quale è, per l’appunto, l’articolo 1136 cc che testualmente incide sulla fattispecie della “nomina” e della “revoca”).
Sotto tale aspetto, siamo più inclini a ritenere che il rinnovo della carica vada premiato sempre in assemblea dei condòmini ma con quorum inferiori a quelli previsti per la nomina e la revoca.
Avv. Rosario Dolce
membro del comitato scientifico dell’Accademia Confamministrare