Cambiamenti climatici: nei prossimi 20 anni il 70% della popolazione mondiale è a rischio

Cambiamenti climatici: nei prossimi 20 anni il 70% della  popolazione mondiale è a rischio

Prima parte: le cause
Secondo il rapporto recentemente presentato dal “Centro per la Ricerca Internazionale sul Clima (CICERO)” e frutto di uno studio condotto con il supporto dell’Università pubblica britannica “University of Reading, tra 20 anni addirittura i ¾ della popolazione mondiale potrebbe essere a rischio di eventi estremi se non si ridurranno drasticamente le emissioni di sostanze climalteranti (gas serra). Se le emissioni non verranno ridotte a sufficienza per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi ma si limitasser a pannicelli caldi, il rischio potrebbe interessare il 70% della popolazione.

La nuova ricerca, pubblicata sulla rivista “Nature Geoscience”, illustra come il riscaldamento globale possa combinarsi con le normali variazioni climatiche, generando periodi decennali caratterizzati da cambiamenti molto rapidi, sia nelle temperature estreme, sia nelle precipitazioni. I maggiori problemi, secondo lo studio, sono concentrati in ampie aree dei tropici e dei sub tropici dove vivono circa 5 miliardi di persone. Al momento il nostro Paese sembra essere fuori dalla lista nera ma appare opportuno non limitarsi a tirare un sospiro di sollievo, bensì darsi tutti da fare per sentirsi veramente al sicuro.

Dobbiamo quindi allarmarci ? Come tecnico energetico direi che una certa attenzione o preoccupazione occorre metterla, in modo laico senza ideologie dogmatiche. Che il clima stia cambiando in modo anomalo è di una evidenza abissale e solo gli opportunisti o chi sostiene che la terra è piatta possono sostenere che stiamo al caldo d’estate o al freddo d’inverno come sempre è avvenuto: semplicemente non è vero.

Fa molto pensare ad esempio il fatto che nei primi 6 mesi del 2024 si sia registrata nel mondo la massima produzione di energia da fonti rinnovabili e contemporaneamente il consumo di petrolio ha superato per la prima volta i 100 milioni di barili al giorno. Le ragioni sono tante, a partire dal rifiuto dei Paesi in via di sviluppo di limitare i loro progressi per venire incontro oggi ai Paesi sviluppati che sono i diretti responsabili di questi problemi.

Quindi lo sviluppo delle sole rinnovabili non basta per la realizzare la transizione energetica e, ancora meno, una auspicata decarbonizzazione delle nostre città. Sono necessarie risorse economiche, un piano industriale per la filiera italiana, ricerca nel campo del nucleare (ricordo che in Europa ben 18 Paesi hanno in corso progetti o strategie di potenziamento dell’energia nucleare; l’Italia è come noto fuori ma acquista l’energia elettrica dalla Francia prodotta da centrali nucleari), sviluppo tecnologico negli impianti energetici, recepire la Direttiva Europea “case Green”.

Quest’ultimo aspetto è oltremodo strategico: i tre partiti che compongono il governo Meloni hanno votato contro la Direttiva. Il Presidente del Consiglio, in queste ultime settimane, attacca a testa bassa i bonus edilizi con lo slogan “non butteremo i soldi degli italiani dalla finestra”. In molti casi ha ragione, è successo, ma non ha ancora usato una sola parola per presentare una politica concreta sulla riqualificazione energetica. L’Europa ci ricorda che dobbiamo impostare una politica di efficienza energetica perché il nostro tasso di riqualificazione degli edifici è troppo basso, nonostante il tanto vituperato super bonus lo abbia molto alzato, al di là do ogni altra considerazione. Le rimostranze contro la Direttiva, pur legittime, non porteranno da nessuna parte. Quindi: quale politica energetica ? C’è un’idea o una proposta ?

Mauro Grazia, consulente Confabitare

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