APPROPRIAZIONE INDEBITA E TRUFFA AI CONDOMINI. CONDANNATO AMMINISTRATORE
L’amministratore del condominio configura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l’amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato (Cass.Civ., Sez. II, 12 febbraio 1997, n. 1286; Cass.Civ., Sez. II, 14 dicembre 1993, n. 12304).
A norma del combinato disposto di cui agli articoli 1129, comma VIII e 1723 Cc, l’amministratore cessato, per qualunque causa, dalla carica è tenuto a restituire ciò che ha ricevuto nell’esercizio del mandato per conto del condominio, inclusi tutti i documenti, di qualsiasi natura e provenienza, relativi alla gestione condominiale, anche se riferiti a differenti segmenti temporali.
Ciò posto, il caso che ci apprestiamo a trattare riguarda proprio quello in cui un amministratore ometta di consegnare la cassa ai condòmini, e, per di più, in sede di rendicontazione, ponga in essere una serie di raggiri ed artifizi sì diminuirne l’entità.
Il fatto. Tizio, amministratore lombardo, è stato ritenuto, dalla Corte d’Appello di Brescia, responsabile dei reati di cui agli articoli:
– 646 Codice penale, per essersi appropriato, quale amministratore di un condominio, di somme versate dai condomini per spese di gestione dell’immobile;
– e 640 Codice penale per aver indotto i condomini in errore circa l’entità delle spese di gestione da sostenere ed essersi così fatto versare dagli stessi somme non dovute;
in quanto tale, è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento dei danni subiti dal condominio costituitosi parte civile.
La corte territoriale ha constatato che, per gli anni di gestione del condominio Beta “2007 – 2009”, dopo una precedente gestione assolutamente lineare, il saldo attivo del conto comune sarebbe dovuto essere pari a Euro 29.544,96 mentre in realtà non vi era alcuna disponibilità di cassa e ha conseguentemente ritenuto integrato il reato di appropriazione indebita in ragione del fatto che l’imputato, al subentro del nuovo amministratore, trattenne per sé le somme di pertinenza condominiale. Rispetto al secondo capo di imputazione la Corte d’ Appello di Brescia ha riscontrato che i condomini avevano consegnato all’imputato, nella sua veste di amministratore, la complessiva somma di Euro 13.335,84 stante spese inesistenti o ingiustificate o comunque non seguite dalle azioni promesse. Gli “artifici e raggiri” erano, dunque, consistiti nella richiesta di pagamenti falsamente giustificati relativi a prestazioni fasulle che avevano indotto in errore dei condomini.
A fronte di tale complessiva motivazione, Tizio è ricorso innanzi la Corte di Cassazione per chiederne la riforma del provvedimento e per insistere sulla relativa assoluzione.
Il provvedimento giurisdizionale. Il giudice di legittimità con Sentenza pubblicata in data 22 maggio 2017, n. 25444 – Presidente Diotallevi – Relatore Pazzi -, prendendo spunto dalla vicenda trattata, ha definito i principi cardini in tema di responsabilità penale dell’amministratore. Visto il rilievo e la portata di essi, appare opportuno esaminarli nel dettaglio secondo le due fattispecie di reato messe in discussione. E segnatamente.
Con riferimento al primo capo di imputazione, il delitto di appropriazione indebita, il decidente ha statuito che lo stesso reato è integrato dalla “interversione del possesso”, la quale si manifesta quando l’autore si comporti uti dominus non restituendo il bene di cui ha avuto la disponibilità senza giustificazione, così da evidenziare in maniera incontrovertibile anche l’elemento soggettivo del reato (a tal proposito, è stata richiamato come precedente la pronuncia n. 25288 del 31/05/2016 – dep. 17/06/2016, Trovato, Rv. 26711401).
Nella fattispecie è stato ritenuta corretta la condanna ricevuta da Tizio, atteso che l’imputato non ha fornito prova di alcune delle circostanze positive contrarie a quelle provate dalla pubblica accusa, onde dimostrare che il fatto in contestazione non è avvenuto.
Con riferimento, invece, al secondo capo di imputazione, il reato della truffa, il giudice di legittimità ha intanto precisato il relativo momento consumativo in quanto stabilito, sulla scorta della vicenda storica tratta, la responsabilità dell’amministratore. In vero il perfezionamento della truffa è legato al verificarsi del danno patrimoniale per la vittima e dell’ingiusto profitto per l’agente (dato che è necessario che il profitto dell’azione truffaldina entri nella sfera giuridica di disponibilità dell’agente, non essendo sufficiente che esso sia fuoriuscito da quella del soggetto passivo; Cassazione penale n. 14905 del 29/01/2009 – dep. 06/04/2009, Coppola e altro, Rv. 24360801) e si verifica nel momento in cui queste evenienze vengano entrambe a esistenza o, in caso di mancata contestualità, in coincidenza con l’avverarsi dell’ultima componente. In altri termini, la truffa contrattuale postula un “reato istantaneo e di danno”, la cui consumazione coincide con la perdita definitiva del bene e in cui si sostanzia il danno del raggirato e il conseguimento dell’ingiusto profitto da parte dell’agente (a tal uopo, è stata richiamata la pronuncia n. 20025 del 13/04/2011 – dep. 20/05/2011, Pg in proc. Monti e altri, Rv. 25035801).
Nel caso di specie l’imputato Tizio ha preteso il pagamento di compensi per prestazioni professionali fasulle; condotta a cui hanno fatto seguito l’addebito al condominio degli importi fatturati descritti nel capo d’imputazione e l’incasso da parte dell’amministratore o di parenti dell’imputato dei compensi non dovuti. Il perfezionamento del reato è avvenuto, dunque, nel momento in cui Tizio ha conseguito l’indebito esborso e il correlato ingiusto profitto.
In conclusione. La posizione dell’amministratore, nel contesto di riferimento normativo in cui è stata posta, deve essere assunta da professionisti in grado di spiegarne l’esercizio conformemente ai principi di correttezza e trasparenza gestionale. Insomma, non c’è più spazio per l’improvvisazione..
Avvocato Rosario Dolce
ESPERTO IN DIRITTO CONDOMINIALE