La tassazione sulle compravendite immobiliari: stop alle agevolazioni
La tassazione sulle compravendite immobiliari: stop alle agevolazioni
Siamo abituati tutti i giorni a sentir parlare (spesso straparlare) di tasse. Leggiamo però, giusto per ricordarne qualcuna, di aumento dell’I.v.a., di Imu, della Tares, dell’Ivie e, da ultimo e sempre per rimanere in tema di immobili, di Tasi e Trise. Non si parla, però, mai delle cosiddette micro tasse perché quelle le paghiamo, ogni giorno, senza accorgercene. Per un motivo o per l’altro però ne introducono sempre di nuove, le aumentano o eliminano tutte le previgenti esenzioni e agevolazioni. Il ché per un cittadino è sostanzialmente lo stesso.
Da ultimo è arrivato il D.L. 104/2013 “Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca” (pubblicato sulla G.U. n. 214 del 12/09/2013) a stabilire la soppressione nelle compravendite immobiliari di tutte le esenzioni e agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali.
La tecnica legislativa è, per così dire, singolare ma a voler approfondire si andrebbe fuori tema e, in ogni caso, ci siamo abituati.
Dal 1 gennaio 2014, data di entrata in vigore delle nuove regole, il sistema delle aliquote fiscali sui trasferimenti immobiliari è destinato, quindi, a cambiare a copertura dei nuovi investimenti nella scuola pubblica previsti dal Decreto: il finanziamento, infatti, arriverà da una maggior imposizione fiscale sugli immobili.
Usciranno di scena, in particolare, tutte le agevolazioni storiche, anche se previste in leggi speciali, che riguardano le compravendite immobiliari, il trasferimento di diritti reali di godimento (compresa la rinuncia), gli espropri, i trasferimenti coattivi.
L’aggravio sarà notevole: oggi, ad esempio, è agevolato il trattamento per gli acquisti immobiliari delle Onlus, che pagano l’imposta di registro fissa, e che da gennaio pagheranno il 9%.
L’aumento colpirà anche i trasferimenti di edifici di interesse storico artistico, oggi tassati con il 3% a titolo di imposta di registro e con il 3% per l’imposta ipotecaria e catastale.
Ma c’è anche una norma riservata alle imprese immobiliari: quella che prevede la possibilità di applicare solo l’1% sui trasferimenti di fabbricati, esenti da I.v.a., nei confronti di imprese che hanno per oggetto esclusivo e principale la rivendita dei beni immobili, a condizione che nell’atto l’acquirente attesti che intende trasferirli entro tre anni. In questo caso si passa dall’1% al 9 per cento.
Peggiorano anche le regole per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali. Oggi, grazie alle agevolazioni sulla piccola proprietà contadina, pagano soltanto l’imposta catastale dell’1%: l’introduzione dell’aliquota standard del 9% moltiplica quasi per dieci il tributo.
Rilevante è poi il caso dei trasferimenti immobiliari nell’ambito delle procedure di separazione o di divorzio: l’art. 19 della Legge 74 del 1987 stabiliva, infatti, l’esenzione di ogni tributo in caso di divorzio. L’agevolazione veniva poi estesa dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 154 del 1999, alle separazioni ritenendosi illegittima la disparità di trattamento che si verificava tra il caso di scioglimento del matrimonio e il caso della separazione dei coniugi.
Come noto, infatti, sia nei procedimenti consensuali di separazione che di divorzio, oltre all’affidamento dei figli o all’assegno a favore di questi e del coniuge più debole, spesso viene necessariamente definita anche la sorte della casa coniugale o di altri beni immobili della famiglia che uno dei coniugi trasferisce conservando, di prassi, l’usufrutto.
Stop definitivo, quindi, anche al trattamento fiscale agevolato di queste operazioni che erano esenti rispettivamente dalle tasse di registro, ipotecaria e catastale anche laddove il trasferimento dell’immobile venisse disposto a favore dei figli.
A partire dall’anno prossimo, infatti, il cosiddetto Decreto Scuola ha previsto che anche gli ex coniugi pagheranno, come ogni altro cittadino, un’imposta di registro del 9% sul valore catastale rivalutato (2% se si tratterà di prima casa per l’acquirente).
Come è facile immaginare, si tratta di una somma che può raggiungere valori importanti e che dovrà essere corrisposta in un momento di difficoltà oltre che personale anche economica.
Liquidare dunque il coniuge con l’attribuzione di un bene finirà col costare, sotto questo aspetto, di più rispetto ad una liquidazione in denaro, che continuerà ad essere esente da imposta.
Il Decreto dovrà naturalmente essere convertito in legge e, senza un qualche deciso intervento da parte di Associazioni come Confabitare, questo avverrà senza colpo ferire, vista l’esigenza del Governo di individuare risorse finanziarie mai bastevoli in un momento assolutamente critico della nostra economica.
Autore: avv. Cristina Barbieri – Vice Presidente Confabitare Torino